
Militaria, Battaglia, Soldati, Risorgimento, Garibaldi, Santa Maria, Volturno, 1860
Valore stimato —€125.3
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Interessante edizione antica e d'epoca,
stampa litografica raffigurante una veduta di un campo di battaglia, con scontro a fuoco tra soldati e garibaldini nei pressi di Santa Maria (Capua Vetere ?),
con sullo sfondo visibile una prospettiva con case o palazzi e cupola di chiesa e campanile;
il tutto in relazione agli eventi legati alla storia risorgimentale italiana,
e alla Unità d'Italia, così come pure si evince dalla scritta W L'ITALIA presente su una bandiera tricolore sorretta da un garibaldino;
misura circa cm.25,5x33 (l'intero foglio, compresi i margini bianchi rifilati diseguali), circa cm.19,5x26,5 la sola parte figurata; stampa originale litografica, impressa a cura dei litografi Fratelli Terzaghi (Milano); in basso a destra visibile la sigla "D.M." probabilmente le iniziali dell'artista disegnatore; stampa edita in origine probabilmente quale tavola illustrativa di una opera storico-locale della metà o seconda metà dell'800.
DI INTERESSE ARTISTICO, STORICO RISORGIMENTALE, STORICO LOCALE, DECORATIVO, COLLEZIONISTICO
Conservazione generale molto modesta, segni e difetti d'uso e d'epoca, diffuse fioriture e gore e bruniture e sgualciture e piegature e strappetti e difetti vari marginali o così come visibili nelle immagini allegate; annotazioni varie e segni di sporco, strappetti vari sommariamente e maldestramente rinforzati al verso; stampa eventualmente meritevole di restauro, difetti comunque parzialmente mascherabili con l'incorniciatura del foglio, pertanto
stampa meritevole almeno di essere inserita sotto passpartout ed incorniciata.
(le immagini allegate raffigurano alcuni particolari dell'intero foglio, eventuali ulteriori informazioni a richiesta)
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dal web, wikipedia:
La battaglia del Volturno indica alcuni scontri armati avvenuti tra i volontari garibaldini e le truppe borboniche, avvenuti tra il 26 settembre ed il 2 ottobre 1860 nei pressi del fiume Volturno, durante la spedizione dei Mille.
La battaglia principale si svolse il 1º ottobre 1860 a sud del fiume. Furono impegnati circa 24.000 garibaldini, costituenti l'esercito meridionale, contro circa 50.000 borbonici.[1] Dopo le scaramucce del 26 e 29 settembre, il 30 i borbonici tentarono una offensiva con il passaggio del fiume a Triflisco, per puntare su Santa Maria a Valogno, ma furono arrestati dal fuoco di due compagnie della Brigata Spangaro, attestate a San Iorio. Finalmente il primo ottobre il maresciallo generale Giosuè Ritucci, che comandava i borbonici riuniti a Capua e in parte sulla destra del Volturno sino Caiazzo, si decise ad attaccare con l'intento di muovere frontalmente con due divisioni, la Afan de Rivera e la Tabacchi, sul centro garibaldino a Sant'Angelo in Formis e a Santa Maria Capua Vetere, raggiungere Caserta e di qui dirigersi su Napoli: due colonne laterali dovevano cooperare all'azione.
Le truppe di Garibaldi occupavano un fronte assai esteso, di ben venti chilometri, allo scopo di proteggere le numerose comunicazioni per Napoli e Caserta: avevano la destra a Sant'Angelo con i soldati comandati daGiacomo Medici e a Santa Maria Capua Vetere con gli uomini di Milbitz, il centro a nord di Caserta con i volontari comandati da Gaetano Sacchi per la riserva e il quartier generale di Garibaldi con i volontari comandati daStefano Türr. L'azione iniziò a ovest da parte dei borbonici che, incoraggiati dalla presenza del re Francesco II e dei conti di Trapani e Caserta, fecero ripiegare gli avamposti garibaldini ottenendo qualche buon successo. Garibaldi messosi alla testa di una compagnia e con i volontari di Medici, riuscì a ristabilire la situazione.
Intanto si continuava a combattere con accanimento a Santa Maria Capua Vetere, dov'era ferito lo stesso generale Milbitz e si segnalava la presenza della cavalleria ungherese del maggiore Scheiter accorsa da Caserta insieme alla brigata Eber della riserva comandata da Türr. Alle ore 18 i borbonici furono costretti a ripiegare facendo ripristinare la linea garibaldina Santa Maria Capua Vetere-Sant'Angelo in Formis. Nel frattempo si combatteva pure sulle colline a est da Monte Tifata dove un piccolo gruppo di contadini diretti da nobili rimasti fedeli ai Borbone resistettero un'intera giornata: lo scontro iniziato la mattina si concluse quando i garibaldini diedero fuoco al palazzo dei Cocozza all'interno del quale c'erano le provviste e le munizioni dei volontari borbonici a Monte Viro e a Castel Morrone, dove cadevaPilade Bronzetti alla testa del 1º Battaglione Bersaglieri, che andò distrutto.
Un altro combattimento assai importante e di maggiori proporzioni si svolgeva frattanto a est, ai Ponti della Valle, sulla via perMaddaloni. Il settore era affidato a Nino Bixio, il quale si dichiarò deciso a morirvi prima di lasciarlo. Le truppe garibaldine il primo di ottobre vennero attaccate dalla brigata estera del generale von Mechel, che nel primo scontro perse il proprio figlio che ricopriva il grado di tenente. Di fronte all'impeto delle truppe borboniche, bavaresi e svizzere, Bixio dovette retrocedere con gravi perdite oltre il Monte Caro; questa posizione nel corso della serata venne ripreso dal colonnello Dezza con i battaglioni Bersaglieri Menotti e col battaglione Bersaglieri Taddei, facendo ripiegare von Mechel a nord oltre Dugenta.
Dopo il ripiegamento del von Mechel, la colonna borbonica del colonnello Perrone rimase in posizione isolata presso Caserta con circa tremila uomini. Venne attaccata il 2 ottobre mattina, di fronte e alle spalle, dalle truppe garibaldine con il concorso del 1º Battaglione Bersaglieri regolari piemontesi, del maggiore Soldo. Questa unità piemontese, che pure si disimpegnò dall'attacco ritirandosi a nord, fu concessa dall'ambasciatore piemontese a Napoli Villamarina che contravvenne agli ordini di Cavour di rimanere neutrale nel conflitto.[2] La battaglia si poteva dire conclusa con una sostanziale vittoria, seppur sofferta e con gravi perdite, dei soldati garibaldini e sabaudi. Si chiudeva così, con l'arrivo delle truppe regolari piemontesi, la battaglia garibaldina più grande e decisiva.
È ritenuta una delle più importanti battaglie del Risorgimento, tanto per il numero dei combattenti coinvolti che per i risultati ottenuti da Garibaldi, che arrestò la ripresa offensiva dell'esercito borbonico dopo la sua ricostruzione tra le mura di Capua. Ragioni politiche e incomprensioni non diedero per lungo tempo la dovuta importanza a questa battaglia, di carattere offensivo per le truppe borboniche. Ai borbonici, bene armati ed equipaggiati, venne meno l'abilità dei capi, a differenza dei garibaldini, mal preparati, ma comandati da militari capaci e di grande ascendente, a cominciare da Garibaldi, che mostrò un notevole intuito tattico. I borbonici persero giorni preziosi prima di attaccare, a tutto vantaggio dei loro avversari che ebbero tempo di rafforzarsi sul terreno. Alla battaglia partecipò anche Carmine Crocco, come volontario garibaldino nell'esercito meridionale dopo aver disertato dall'esercito borbonico, che poi, ritornando filoborbonico, diventerà' il più noto capobanda del brigantaggio postunitario.[3]



